martedì 26 gennaio 2016

Gentilezza: eccedere nell’uso


È successo così: incombeva la vigilia di Natale e, con essa, il carico di stress emozionale e digestivo che ne sarebbe derivato (pranzi, cene, merende colazioni coi parenti, visite agli zii che neppure sapevi di avere, rimpatriate con vecchi amici che, se li hai persi di vista, un motivo ci sarà pure...). E mentre Toporagno, impalato come uno stoccafisso innanzi al finto abete luccicante, cantava carole natalizie in un idioma vagamente anglossassone, e Monsieur le Grand Souris impastava con foga da fornaio consumato chili e chili di biscotti alla cannella assicurando una scorta sufficiente al lustro che ha da venire, Cou.cou.ja, il volto oscurato da un cipiglio da gastrite psicosomatica, sospirava annoiata e rassegnata al martirio.
Quand’ecco che, dal retro dello schermo, la Tuli occhieggia e irrompe, seppure figurativamente, nel divano prima che i cou.cou.jeschi propositi di fuga riescano ad avere il sopravvento. Di là, spargendo a piene mani petali di entusiamante gaiezza, le racconta di una spacciatrice anonima di dolcezze che fanno tornare il sorriso, di una strampalata stangona d’oltreoceano che dipinge i muri di una brutta scuola, sostiene le persone che hanno bisogno di tutto ma non di dignità (ché, di quella, ne hanno da vendere) e si diverte a scribacchiare su tovagliette di carta frasi leggere che pesano come macigni. Eh, sì, perché sostiene la biondona, «tutto ciò di cui pensi debba essercene di più puoi farlo a casaccio». Come la gentilezza, appunto. Da qui l’idea, tutta da copiare, della Tuli: far piovere, ovunque, comunque, gocce di gentilezza, perché, questa cosa qui della gentilezza, è una malattia, un virus contagioso, ma, anziché tapparti il naso come il raffreddore, ti stura la mente e ti spalanca il cuore.
Quindi?

Quindi fai così: 
a) prendi una stoffaccia senza personalità; 
b) disegnaci sopra un insettino grazioso (ché non son mica brutti, gli insetti, tutt’altro!) e cortese, che azzarda un timido ciao-ciao dietro un sorriso piccolo piccolo; 


c) confeziona... mmmm... confeziona... ecco, questo è un problemaccio ...confeziona un puntaspilli, no, un portachiavi, no, un softie anti-stress, no, una spallina anni ottanta... insomma confeziona un coso; 




d) scegli per lui un posticino carino dove aspettare un nuovo amico cui donare gentilezza; 
e) scatta foto ricordo; 
f) scappa prima che qualcuno si accorga di te.
semplice, no?

[N.d.R. nel rispetto del vero, va detto che, almeno in riferimento all’esemplare 01, il punto d) e il punto f) hanno messo a dura prova la innata capacità di sintesi analitica e la proverbiale leggiadria dell’atletica Cou.cou.ja].


goccia di gentilezza # 1 - portachiavi? puntaspilli? antistress? spallina anni '80? criptoelevatore da scarpa per mancati spilungoni? ... 

lunedì 25 gennaio 2016

Armi dell'allegria


Eccole qua
le armi che piacciono a me:
la pistola che fa solo pum
(o bang, se ha letto
qualche fumetto)
ma buchi non ne fa…
il cannoncino che spara
senza far tremare
nemmeno il tavolino…
il fuciletto ad aria
che talvolta per sbaglio
colpisce il bersaglio
ma non farebbe male
né a una mosca né a un caporale…
Armi dell’allegria!
le altre, per piacere,

ma buttatele tutte via!
                             Gianni Rodari





sparaelastici in legno di abete - linea cou.cou.boo / tracolla in cotone

sabato 23 gennaio 2016

Flashdance, il ritorno


Ce l’ha fatta! Toporagno è finalmente passato dall’ignominiosa condizione di “piccolo di casa” all’assai più dignitoso status di “cugino maggiore”. Certo, la vita si è caricata di responsabilità, occorre avere pazienza coi bebé che, diversamente dai semidotti seiemezzoenni, non solo ignorano la virtuosa pratica della scrittura e della lettura, ma, orrore degli orrori, usano e abusano in maniera indistinta e sconsiderata del dono della favella. Ora poi che Bolla inizia a ergersi con baldanzosa fierezza innanzi al sentiero della vita muovendo su di esso un passo stentato eppure determinato, è necessario assistere, sostenere, incoraggiare, spronare all’esercizio costante, purché corretto.


Un lavoraccio, povero toporagno, e una gran fatica per la piccola Bolla (e sì, perché, nel frattempo, ne aveva voglia, l’ingenua morula, di diventare un feto degno di tutto rispetto: una bollicina nella pancia della zia era e una bolla è rimasta, con la sola indulgente concessione del passaggio dal diminutivo al sostantivo proprio).


Il fatto è che la succitata, per quanto impavida e indomita esploratrice, è pur sempre una donna. E, come tale, mai perde occasione di mostrare una innata eleganza e una induscussa predisposizione al bello. E allora? Allora balliamo sul mondo, purchè l’outfit sia sempre e indiscutibilmente di tendenza. E così, eccola, Bolla-Alexandra, la gamba tornita, inguantata nel suo scaldamuscolo sweet-vintage, lanciarsi alla conquista dei suoi sogni di gloria battendo il tempo, seguendo il ritmo:
What a feeling, being’sbelievin’ / I can have it all, now I’m dancing for my liiiiiiiiiiife.



scaldamuscoli in cotone / interno pile

lunedì 18 gennaio 2016

cou.cou.malì: storia di una capsule collection


Malilla è una giovane maker dell’entroterra di un’isola bella e soleggiata.
Cou.cou.ja è una maker un pelino più stagionata dell’entroterra di un’isola bella, soleggiata tanto, tanto ventosa.


Malilla è una fanciulla aggraziata ed equilibrata.
Cou.cou.ja è una (attempata) fanciulla goffa, capace di cadere rovinosamente senza muovere un passo.


Malilla ama le linee semplici ed essenziali.
Cou.cou.ja ama le linee semplici, ma anche quelle complesse, essenziali, ma anche elaborate.

Malilla è black and white e, alle volte sì alle volte no, un tocco di rosso, giusto quel tanto che serve per sorprenderti e non farti mai, proprio mai, abbassare la guardia.
cou.cou.ja è black and white. E rosso. E giallo, e verde, e arancio, e fluo, e righe, e pois, e quadri, e tinte pastello, e...


Malilla è l’infiorescenza della carota selvatica, così silvestre e così delicata, ora distesa verso il cielo a godere del sole che scalda e della pioggia che rinfresca, ora chiusa a palla a beffarsi del vento che soffia, del temporale che imperversa. Malilla è i petali bianco-rosati dei suoi fiori di cui, leggenda vuole, le belle dame della corte inglese di Giacomo I ornavano i loro capi gentili.


Cou.cou.ja, i suoi, di capelli, troppo corti per rivelare l’innata tendenza al crespo e l’indefinito cromatismo, non li orna affatto e non conosce la differenza tra un cactus e una margherita (“carrot flower? ah, sì, il papavero, vero?!”).


Malilla ama cucire.
Cou.cou.ja ama cucire.
Malilla ama le differenze.
Cou.cou.ja ama le differenze.

cou.cou.malì: ecco come nasce una capsule collection.


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